di Salvo Zappulla
Ebbene lo confesso, ho un debole per Marilù Oliva. Ho letto gli ultimi suoi due romanzi e mi ha conquistato. Perché? Provo a spiegarlo. Scrivono in tanti, scrivono bene, scrivono le stesse cose; frullati di parole da servire a un pubblico beota. I colossi dell’editoria preferiscono assecondare i gusti dei lettori, andare sul sicuro con libri commerciali piuttosto che incentivarli a scoprire l’ Arte, la letteratura con la L maiuscola. Uno scrittore deve sapere scrivere ma soprattutto deve sapere inventare, esplorare sentieri sconosciuti. Facile arare sul seminato. Facile per uno del mestiere scrivere il romanzetto noir, o storico, o strappalacrime. Come fare il compitino da sei. Se Marilù con “Le sultane” mi aveva favorevolmente impressionato, con questo nuovo romanzo (Lo zoo) ho capito definitivamente di essermi imbattuto in una grande scrittrice. Molto più dei vari vincitori di premi Strega, Campielli, Stornelli, Frondelli e prodotti vari dei giochini editoriali. “Lo zoo” è una splendida allegoria moderna della condizione umana. Si pensi per un attimo a Cecità di Saramago. L’uomo che improvvisamente diventa cieco, non si riesce a capirne la causa e, per paura del contagio, viene rinchiuso, emarginato, ridotto alla condizione di bestia dai propri simili. Nessuna solidarietà, nessuna umana pietà. Nel romanzo della Oliva non c’è paura del contagio ma lo stupido delirio di onnipotenza da esercitare su sette persone segnate da difformità genetica. L’uomo che abusa del proprio simile, l’uomo che si pone su un piano superiore rispetto a un proprio simile sventurato. Le gabbie che costruisce Marilù sono le prigioni che circoscrivono le nostre menti, i limiti che non riusciamo a oltrepassare, le miserie di cui non riusciamo a liberarci. Un libro da consigliare ai nostri politici, e non solo a loro.
Lo zoo
di Marilù Oliva
Editore: Elliot
Pagine: 189
Prezzo: 15,00 €
